Ricarica e Cronografo

 

Spesso, discutendo del funzionamento dei cronografi, sembra che essi siano avvolti da un alone di mistero che protegge delle funzionalità insondabili.

Non vi è davvero nulla di complesso in un cronografo, potete immaginarlo come un cronometro estremamente veloce. Naturalmente, i proiettili sono molto veloci ed il cronometro deve essere in grado di distinguere il passare del tempo fino a frazioni di milionesimi di secondo (tipicamente ≤ 0.25us). Se si conosce quanto tempo occorre ad una pallottola per percorrere una distanza nota, si ha tutto ciò che serve per risolvere una semplice equazione matematica:

V = S/t             (ossia: Velocità = Spazio/tempo)

La parte davvero difficile dell’operazione è capire come attivare il cronometro (start e stop). I primi modelli di cronografo utilizzavano a tale scopo sottili fili di rame che interrotti dal passaggio del proiettile davano luogo alla partenza ed allo stop del contatore.
L’avvento dell’elettronica ha permesso di realizzare contatori quarzati e circuiti integrati a costi via via inferiori permettendo ai cronografi di “uscire” dai laboratori balistici. Quando Ken Oehler sviluppò il suo primo “skyscreen”, il cronografo per l’uso hobbistico divennne una realtà.
Lo skyscreen è una geniale invenzione sulla base di una semplice premessa. Un elemento elettronico fotosensibile (fotodiodo o fototransistor) fa scattare il circuito del cronometro quando rileva un piccolo e veloce cambiamento della luce che illumina il sensore. Forse la migliore analogia è che rileva l’ombra della pallottola.

Nei primi tentativi accadeva spesso che lo “skyscreen” fosse ingannato da variazioni luminose non connesse al transito del proiettile, ad esempio l’ombra di una nuvola di passaggio poteva alterare i dati. L’elettronica del sistema è stata perfezionata e Oehler ha anche aggiunto degli schermi diffusori. Il risultato di tali schermi fu una distribuzione più uniforme della luce che evitava inoltre “l’accecamento” dei sensori in presenza di luce solare diretta.

In realtà, il problema più grande con i sensori del cronografo è probabilmente costituito dai raggi di luce che “rimbalzano” intorno e all’interno degli alloggiamenti dei rilevatori. Noterete che lo stampato in plastica che contiene il rilevatore è quasi sempre nero, e all’interno dei contenitori possono anche esserci incise delle creste o rigature atte ad impedire la riflessione della luce. L’ultimo miglioramento operato da Oehler è stato quello di porre il rilevatore più in profondità all’interno della propria custodia riducendo così l’effetto della luce diffusa, privilegiando quella diretta.

– Oehler –

Cronografo Oehler

Ritornando alla nostra semplice relazione matematica della velocità, per poter apprezzare velocità elevate in piccoli spazi è necessario disporre di risoluzioni temporali elevate, è necessario in altre parole, aumentare la velocità di tutto il sistema di rilevamento. All’inizio della sperimentazione, disponendo di sistemi lenti (frequenza di clock bassa) era necessaria l’osservazione del proiettile su lunghe distanze. I primi cronografi da laboratorio utilizzavano una distanza di rilevazione (distanza tra i fili che determinavano il passaggio del proiettile) anche di 6÷7mt. Con l’arrivo degli oscillatori al quarzo, con velocità di un milione di cicli al secondo o più (la frequenza tipica è ≥ 4MHz) è possibile ridurre la distanza minima tra i sensori. Oggi, una spaziatura di 30÷50cm consente risultati ancora accettabili, a tutto vantaggio della portatilità del sistema.

Parlando di incertezze: i moderni cronografi anche se molto precisi ed accurati hanno dei limiti causati dalla tecnica di rilevazione del passaggio del proiettile e dalle inevitabili tolleranze costruttive sia meccaniche (distanza tra i sensori) che elettroniche (tempi rilevati). Ogni componente elettronico è infatti affetto da una “piccola quantità di variabilità”. La “somma” delle variabilità determina l’incertezza di misura.

– PACT –

Cronografo PACT

La PACT, uno dei più grandi produttori di cronografi per l’hobby delle armi, non dichiara le prestazioni dei propri strumenti ma in alcuni articoli si legge di incertezze prossime a ±0.05% (?!). Altre aziende come la Chrony o la stessa Oehler garantiscono incertezze migliori del ±0.5%, il Millennium CED è dichiarato per un ±0.2%. La Oehler è l’unica ad aver inserito un terzo sensore sul cronografo denominato “proof channel”, in sostanza per ogni colpo vengono effettuate due misure, se i valori dovessero differire di più dell’ 4% lo strumento segnalerebbe un errore.

– CED –

ced_cronografo

 

Come visto sopra, le incertezze dei cronografi sono contenute ma comunque devono essere tenute in considerazione nel processo di ricerca della ricarica migliore in termini di deviazione standard. Infatti con processi di assemblaggio ben eseguiti, la costanza nella tipologia dei materiali e la selezione dei componenti, si avranno variazioni velocitarie intorno alla media (deviazioni standard) già confrontabili con le limitazioni dello strumento. In questi casi la deviazione standard ottenuta sarà la “combinazione” delle deviazioni standard parziali: munizionamento, incertezza strumento, ripetibilità della misura. In altre parole sapremo che la deviazione standard caratterizzante la nostra ricarica è inferiore (ma non sapremo di quanto) a quella determinata dai calcoli. Il continuo miglioramento delle nostre tecniche di ricarica ci porterà asintoticamente ad una deviazione standard costante e non riducibile data appunto dalla “somma” delle prestazioni dello strumento e del miglior risultato ottenibile con i componenti e le tecniche di ricarica a nostra disposizione.

– Chrony –

Cronografo Chrony

Purtroppo per l’hobbista non c’è modo di valutare e confrontare il proprio cronografo né di valutare criticamente il dato di incertezza dichiarato dal costruttore. Sfortunatamente non esiste un campione velocitario di calibrazione. L’unico metodo sarebbe disporre di uno strumento indiscutibilmente migliore del proprio da usare come riferimento, strumento non facilmente reperibile.

La velocità dei proiettili ricaricati come manifestazione indiretta delle pressioni in canna, la variazione della stessa velocità intorno alla propria media come manifestazione della costanza nel comportamento dell’arma e della precisione del munizionamento, elegge il parametro velocità tra gli indicatori migliori per la stima della qualità della propria ricarica. Da poche rilevazioni velocitarie è possibile estrarre una quantità notevolissima di dati. Inoltre la rilevazione di velocità è estremamente semplificata dai moderni cronografi, così facili da configurare ed utilizzare che non ci sono davvero motivi per non averne uno.

I dati balistici forniti dal cronografo elettronico sono indispensabili per i tiratori ed i ricaricatori, anche se il numero di appassionati che non hanno ancora questo semplice dispositivo è sorprendente.
 


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2 Commenti

  1. mimmo cipri

    una piccola nota: spesso l’errore nella misura della velocità e dato dall’illuminazione dei sensori, la stessa chrony commercializa un sistema a lampade ad incandescenza (che qualcuno dice riscaldano e fondono i diffusori bianchi in plastica) che un sistema a LED rossi, probabilmente il colore rosso dei LED come l’uso di lampade ad incadescenza e legato alle frequenze in nm della luce solare che normalmente si drovebbe usare.

  2. costantino

    non posso che concordare sul fatto che sia sorprendente come quanti ricaricatori non facciano uso del cronografo!

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