Polveri infumi: vediamole da vicino

Vihtavuori N340 al SEML’immagine riportata a fianco, relativa alla polvere infume Vihtavuori N340, è una delle straordinarie foto raccolte al microscopio elettronico e presentate, in versione preliminare, con un video in quest’articolo. A seguire, una descrizione della strumentazione utilizzata, le curiosità notate e molte altre immagini, comprese delle macrofoto ottenute tradizionalmente.

Negli articoli precedenti (vedi: “Polveri infumi: ecco gli ingredienti” e “Polveri infumi: anche la forma è sostanza” ) abbiamo esaminato il passaggio storico, il processo produttivo, la composizione e le principali tipologie delle polveri infumi. Abbiamo inoltre fatto riferimento alla geometria dei grani come aspetto specificamente legato alla dinamica di combustione dei diversi propellenti.
Quanto esposto è più che sufficiente per una visione generale delle polveri e per l’approccio meditato e cosciente alla ricarica ma, noi di Armi&Strumenti come spesso accade, tentiamo di andare oltre la comune manualistica e proponiamo a seguire immagini ed analisi assolutamente inedite. Esporremo infatti i risultati ottenuti mediante l’esame di alcune polveri al microscopio elettronico a scansione, di seguito più brevemente indicato con l’acronimo SEM, dall’inglese “Scanning Electron Microscope”.

 


Le polveri esaminate

A seguire, viene riportata la tabella riassuntiva delle polveri utilizzate per la realizzazione delle numerose immagini presenti sull’articolo. Oltre a trovare una discreta varietà di foto ottenute con tecniche tradizionali, avrete modo di apprezzare le immagini al SEM di 7 delle 20 polveri valutate. Queste sette polveri sono state scelte privilegiando la varietà delle geometrie dei grani ad eccezione della Vhitavuori 3N38 considerata in comparazione alla N340. Entrambi questi propellenti infatti, hanno medesima geometria cilindrica ma, nel tentativo di rilevare ed evidenziare sulla 3N38 il trattamento flemmatizzante, probabile principale diversità rispetto alla N340, l’abbiamo considerata tra le polveri da sottoporre al SEM.

 

Polveri esaminate

 

Le foto

Eccovi la rassegna fotografica delle numerose polveri esaminate (click sull’immagine per ingrandire), potrà anche servirvi da riferimento per l’eventuale identificazione di un propellente non noto (scala graduata in mm):

3N37 3N38 450 BLC2
Vihtavuori 3N37 Vihtavuori 3N38 Winchester 450 Hodgdon BLC2
D032-04 DN Granular-f Granular-g
Explosia Lovex D032-04 Snia DN Cheddite Granular-fine Cheddite Granular-grossa
HP38 N135 N140 N310
Hodgdon HP38 Vihtavuori N135 Vihtavuori N140 Vihtavuori N310
N320 N340 Rex I Rex II
Vihtavuori N320 Vihtavuori N340 Nitrokemia Rex I Nitrokemia Rex II
Rex III S060-02 Sipe SP8
Nitrokemia Rex III Explosia Lovex S060-02 S.I.P.E. Sipe Vectan SP8

 


Il SEM (Scanning Electron Microscope)

Il SEM sfrutta la generazione di un fascio elettronico che mediante un sistema di lenti elettromagnetiche viene deflesso e focalizzato sul campione da esaminare. Il pennello elettronico così generato viene usato per scandire un’area del campione, l’interazione fascio-campione genera vari tipi di particelle che vengono rilevate da opportuni detector e convertite in segnali elettrici. Questi ultimi, successivamente elaborati, servono a formare un’immagine a livelli di grigio che rieditata digitalmente, viene colorata per esaltarne le caratteristiche.

SEM

– Esempio di SEM (modello JSM-6701F della JEOL ltd.) –

Il SEM produce immagini ad alta risoluzione, ciò significa che particolari molto vicini tra loro possono essere esaminati ad alti ingrandimenti. Per questa ragione il SEM può realizzare un’immagine che è una buona rappresentazione tridimensionale della superficie del campione, superando i limiti della microscopia ottica classica. Per esempio, un microscopio ottico moderno può arrivare fino a circa 1000 ingrandimenti e questo permette di risolvere, “distinguere”, oggetti separati distanti almeno 0.2 µm (1µm o micron è pari ad un millesimo di millimetro), mentre il SEM, ha un potere risolutivo inferiore ai 20 nm (1nm o nanometro è pari ad un millesimo di micron) ed un ingrandimento massimo di 300.000x.

Funzionamento del SEM

– Schema funzionale di un SEM –

Anche la profondità di campo con il SEM è nettamente migliore, ossia per semplificare, l’intervallo verticale entro cui l’oggetto osservato può muoversi, senza risultare sfuocato. Ad un ingrandimento di 100x si va da profondità di campo nell’ordine del micron per il microscopio ottico, al millimetro per il SEM. Per quanto detto, questo permette ad una vasta parte del campione di essere a fuoco contemporaneamente. Di contro, rispetto alla microscopia tradizionale, nel SEM, il campione da esaminare deve essere posizionato in una opportuna camera a vuoto spinto (10-5 Torr) poiché l’aria interferirebbe con il fascio elettronico di scansione. Inoltre i rivelatori vengono raffreddati mediate azoto od aria liquida per migliorarne la risposta (riduzione rumore termico).

La combinazione di alti ingrandimenti, grande risoluzione, larga profondità di campo, rende il SEM uno degli strumenti più fortemente impiegati in molti campi della ricerca.

 


La spettroscopia EDX (Energy Dispersive X-ray analysis)

Il SEM, oltre che per l’acquisizione di immagini, può essere anche usato per quella che si chiama spettroscopia. In altri termini, è possibile determinare qualitativamente e quantitativamente, l’insieme degli elementi che costituiscono la sostanza esaminata. In estrema semplificazione possiamo dire che il fascio di elettroni generato dal SEM, colpendo il campione in osservazione, dà luogo all’emissione di numerose particelle e radiazioni, tra le particelle avremo gli elettroni secondari usati per la ricostruzione dell’immagine e tra le radiazioni avremo anche dei raggi X che se opportunamente rilevati permettono una sorta di analisi chimica non distruttiva del campione. Spettro A titolo esplicativo, riportiamo a fianco lo spettro ottenuto sottoponendo ad EDX una vecchia moneta da 100lire. Come visibile vengono rilevati i due elementi che costituiscono la lega della moneta, cromo (Cr) e ferro (Fe). L’ampiezza dei picchi sullo spettro è correlabile alla concentrazione di quello specifico elemento all’interno del campione. Nell’immagine è riportata tale concentrazione dopo una opportuna elaborazione matematica.

 


Le nostre immagini al microscopio

La raccolta delle immagini ottenute al SEM è stata inserita nel video a seguire. Come detto, dando priorità alla diversa geometria dei grani, sono state esaminate 7 tipologie di polveri (sopra elencate). Come curiosità, grazie all’estrema risoluzione concessa dal microscopio elettronico, tra i vari dettagli, potrete notare: la rugosità superficiale dei grani di polvere; un foro passante di circa 50µm, non visibile ad occhio nudo, sui grani di 3N38; sui grani di forma cilindrica si può inoltre rilevare lo “scorrimento” sulle estremità dei grani supponiamo provocato, durante la produzione, dal taglio della lama rotate dopo estrusione.


 


La spettroscopia delle polveri

Le immagini a seguire mostrano le spettroscopie rilevate per la Vihtavuori N340 e per la Vihtavuori 3N38. Come ci aspettavamo troviamo alte concentrazioni di carbonio (il carburante) ed ossigeno (il comburente). Troviamo inoltre l’azoto, evidenza che l’ossigeno viene “intrappolato” nella sostanza mediante ossidi appunto di azoto.

EDX per la N340

Purtroppo la spettroscopia, per l’estrema maggioranza delle sostanze base che costituiscono il propellente in esame, non ci consente di rilevare le tracce dei trattamenti flemmatizzanti che dovrebbero differenziare la 3N38 dalla N340.

EDX per la 3N38

Anche regolando il SEM per ridurre l’energia degli elettroni di scansione, al fine di esaminare gli strati più superficiali dei grani (minore penetrazione delle particelle), quelli dove dovrebbe essere maggiore la concentrazione degli additivi, non si riescono a distinguere gli elementi costituenti il trattamento flemmatizzante.

 


Concludendo

Le immagini raccolte in questa occasione, ci lasciano intravedere la notevole complessità racchiusa nei processi e nelle tecniche produttive dei propellenti.
Ci auguriamo che quanto riportato sopra abbia fornito un nuovo “punto di vista” all’appassionato di ricarica ed abbia soddisfatto nel contempo la curiosità di osservare veramente da vicino, è il caso di dirlo, alcuni propellenti per munizioni.

Stiamo ancora elaborando le immagini ottenute al SEM per migliorarne la resa in termini di dettagli e la riduzione del rumore, in una prossima pubblicazione ne mostreremo i risultati.

Concludiamo l’articolo nella speranza di poter continuare ad offrire nuovi ed interessanti spunti in ambito oplologico.
 


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3 Commenti

  1. Gianni

    Salve, ho trovato molto interessante lo studio sulle polveri che avete condotto al microscopio SEM, avrei però ritenuto opportuno una maggiore spiegazione sui dati rilevati e una stima sulle qualità delle polveri.
    Questo perchè, non essendo dei tecnici, non è emersa nell’articolo una vera differenza di qualità fra le varie polveri prese in esame, e ad occhio non esperto, una Rex è paragonabile ad una Hudgon.
    Cordiali saluti e ringraziamenti.
    Gianni

  2. Speedy

    Ciao Gianni, sono lieto che tu abbia trovato l’articolo interessante.

    Il nostro primo obbiettivo era quello di raccogliere immagini ravvicinate dei grani ed esaminare la diversa geometria che, come saprai, incide significativamente su parametri come vivacita’ e ritmo combustivo.

    Per una analisi comparata tra le polveri, in termini di rendimento e quant’altro, sarebbe necessario circoscrivere notevolmente le condizioni di test e comunque considereremo questo tuo suggerimento per eventuali future indagini.

    Grazie per la segnalazione.

    A presto,
    Speedy.

  3. Fabio Tortoioli

    ho ereditato una lattina di polvere DN di mio padre vecchio cacciatore. Mi domandavo se e in quali dosi potevo adoperarla
    in cal 9×21 e 45ACP.Grato per una cortese risposta porgo cordiali saluti.

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