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La Glock 17 di IVa generazione
di Alessandro
(per gentile concessione del sito AZGUN e nostre integrazioni)
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Dopo oltre trent’anni di record di vendite in tutto il mondo, la “pistola di plastica” che negli anni ottanta fece scandalizzare i puristi, è ormai arrivata alla quarta generazione. In quest’articolo esamineremo cosa nel tempo è cambiato e cosa è rimasto invece uguale.
La nascita della Glock
Presentata per la prima volta al pubblico durante l’edizione del 1982 dell’IWA, l’esposizione internazionale annuale di Norimberga, la Glock 17 destò immediatamente interesse, polemiche e perplessità. La pistola, realizzata con forme e materiali inusuali, si discostava enormemente dall’idea di pistola semiautomatica che ogni appassionato medio aveva all’epoca della sua uscita.
L’azienda fondata dall’ingegnere austriaco Gaston Glock (foto a fianco) nel 1963, con sede a Deutsch Wagram vicino a Vienna, era specializzata nelle lavorazioni di materie plastiche ed acciaio. L’azienda non aveva mai prodotto o progettato armi complete prima di allora. Data l’estrema specializzazione dell’azienda nell’ambito dei polimeri, la pistola fu costruita facendo largo uso di materiali sintetici.
La Glock non fu la prima a presentarsi sul mercato con una pistola polimerica. La tedesca Heckler&Koch aveva già prodotto la VP70, seguita dalla P9, che in realtà aveva un telaio scheletrato in solido acciaio, al quale venivano avvitati due gusci in plastica che lo ricoprivano completamente. Il mercato le accolse con freddezza, considerandole come meri prototipi di innovazione tecnologica, piuttosto che come armi da fianco a cui affidare la propria vita. Tenete presente che nel 1982 si discuteva ancora sulla presunta superiorità del fusto in acciaio nei confronti di quello in lega leggera e che la Beretta 92 non aveva ancora completato il suo sviluppo e neppure era stata ancora adottata ufficialmente dagli americani. Figuratevi l’effetto che poteva avere su un mercato così tradizionalista una pistola di “plastica”.
Eppure, la pistola della sconosciuta azienda, fu adottata a sorpresa dall’esercito Austriaco con la denominazione di P80, superando brillantemente tutti i severi test a cui fu sottoposta. Essa si dimostrò più affidabile, robusta e duratura rispetto alle altre concorrenti costruite completamente in acciaio. La pistola di “plastica” dal costo contenuto poteva forse andare bene per il militari ma, all’epoca ci fu chi era pronto a scommettere che agli appassionati civili, abituati a maneggiare belle armi, una pistola così minimalista non sarebbe mai piaciuta.
L’impatto innovativo che la Glock ebbe sul settore delle armi leggere portatili fu talmente grande, che ancora oggi, a 30 anni di distanza, molti appassionati di armi la considerano una diavoleria moderna.

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La pistola austriaca non fu la prima ad utilizzare un fusto in materiale plastico, ma di sicuro fu la prima, e per certi versi è ancora l’unica, ad aver avuto un successo commerciale planetario.
L’idea alla base della Glock
Gaston Glock, alla fine degli anni settanta, intuì per primo che i tempi erano maturi per qualcosa di veramente innovativo. Una pistola che rappresentasse il massimo della semplificazione, progettata con assoluta razionalità al fine di ridurne al massimo componenti e lavorazioni per ottimizzare la produzione industriale. La tecnologia dei polimeri, settore nel quale la sua azienda era già leader, risultava perfetta per tale scopo. Il risultato finale si concretizzò nella Glock 17, la cui denominazione deriva dal fatto che si trattava del diciassettesimo brevetto ottenuto dall’azienda. Una pistola ridotta alle sue sole parti essenziali, composta da poco più di 30 pezzi, facile da smontare e rimontare, estremamente robusta, affidabile, sicura, rapida nel fuoco e inaspettatamente precisa. Carrello e canna sono in acciaio, il fusto in plastica, con le guide per il carrello e le leve di scatto in lamiera, con un solo piccolo rinforzo in acciaio spinato al fusto in corrispondenza del blocchetto di chiusura.
Il funzionamento della Glock è a corto rinculo di canna e segue lo schema meccanico dell’ormai ultra collaudato sistema Browning modificato. Il vincolo di chiusura è ottenuto grazie all’adozione di una culatta squadrata che si incastra a perfezione all’interno della finestra di espulsione, mentre l’apertura è demandata ad un piano inclinato ricavato nell’appendice inferiore della culatta che scorre all’interno del blocchetto di chiusura del fusto. Questi due elementi costringono la culatta squadrata della canna a basculare verso il basso svincolandola dalla finestra di espulsione del carrello. Soluzioni tecniche che si erano già viste sulla Sig-Sauer P220 e che permettono di coniugare precisione degli accoppiamenti e semplicità delle lavorazioni. Dopo lo sparo canna e carrello rinculano assieme per circa 3 millimetri, dopo di che, canna e carrello si svincolano, e mentre la prima si ferma, il secondo prosegue la sua corsa completando il ciclo di riarmo della pistola.
Il meccanismo di scatto a percussore lanciato denominato “Safe-Action” si avvale dell’ausilio di una convenzionale sicura automatica al percussore (Firing Pin Safety) e, per l’epoca in cui la Glock apparve, di un meno convenzionale piccolo grilletto di sicurezza incernierato al centro del grilletto vero e proprio (Trigger Safety). Inoltre, un telaio in plastica impedisce ogni movimento indesiderato della leva di scatto quando la pistola è armata (Drop Safety). Anche in questo caso non si tratta in assoluto di una novità, in quanto la pistola Roth-Steyr del 1907 aveva un sistema di scatto simile, reso volutamente lungo e pesante per l’utilizzo da parte della cavalleria.

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La catena di scatto Glock denominata “Safe-Action” e le sue tre sicure: sicura al grilletto (1), sicura al percussore (2), sicura ridondante anti-caduta (3)
Con la Glock, il tiratore punta semplicemente la pistola sul bersaglio e senza dover effettuare alcuna manovra preliminare, preme il grilletto per esplodere il colpo. La pressione sul grilletto disattiva in sequenza tutti e tre i dispositivi di sicurezza automatici interni. Immediatamente dopo lo sparo, non appena il tiratore toglie il dito dal grilletto, tutti i sistemi di sicurezza vengono riattivati automaticamente. A questo punto la pistola è pronta ad esplodere un nuovo colpo, oppure ad essere inserita in fondina in perfetta sicurezza. Non esistono altre operazioni da effettuare se non premere il grilletto, per cui durante un ipotetico scontro a fuoco l’operatore può mantenere tutta la sua concentrazione sulle minacce, senza dover pensare a gestire il funzionamento dell’arma.
Tutto funziona con pochissimi pezzi, il che permette alla pistola di operare in completa sicurezza per migliaia di colpi senza necessità di alcuna manutenzione o pulizia. Siccome la pistola non spara se non premendo intenzionalmente il grilletto, non servono sicure manuali, ma solo un’ottima fondina per il porto che garantisca la massima ritenzione e scongiuri eventuali pressioni accidentali del grilletto. Una fondina rigida in polimero, ovviamente prodotta dalla stessa Glock, veniva consegnata all’esercito austriaco assieme alla pistola.

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Già dallo smontaggio da campo si intuisce l’estrema razionalità con cui l’arma è stata progettata. La Glock è composta da poco più di 30 pezzi.
Lo scatto della Glock ha caratteristiche collocabili a metà strada tra una doppia e singola azione. I più maligni affermarono immediatamente che lo scatto della Glock univa assieme le caratteristiche peggiori dello scatto in doppia e di quello in singola azione. La corsa è relativamente lunga, pesante e poco fluida, come quella di una doppia azione, ma il grilletto è armato dalla corsa del carrello, per cui in caso di mancata accensione il colpo non può essere ribattuto, esattamente come per una singola azione. In linea puramente teorica si tratta delle caratteristiche meno desiderabili dei due tipi di scatto.
Eppure, c’è chi vide nel lungo e pesante scatto della Glock, non una limitazione bensì una opportunità. L’opportunità di rivoluzionare il modo di portare ed utilizzare l’arma corta da fianco. D’altro canto, uno scatto lungo e relativamente pesante è l’ideale per operare in condizioni di stress per evitare la partenza accidentale dei colpi. Anche per il porto prolungato avere uno scatto lungo e duro è da preferirsi ad uno corto e leggero. Lo scatto Glock è comunque più corto e leggero di quello di qualsiasi pistola in doppia azione per uso difensivo, e la trazione resta la stessa per tutti i colpi, senza quel fastidioso passaggio tra doppia e singola azione delle altre pistole. Questo significa maggiore possibilità di piazzare con velocità e precisione il primo colpo e quelli immediatamente successivi.
L’assenza totale di sicure manuali permette all’operatore di concentrarsi sullo scontro, e non sulla pistola. L’operatore deve comunque essere addestrato a risolvere un eventuale inceppamento della pistola (altamente improbabile con la Glock), e siccome la quasi totalità degli inceppamenti si risolve scarrellando con decisione, per un operatore risulta più facile, naturale e veloce, camerare un nuovo proiettile, piuttosto che tentare di ribattere il colpo premendo il grilletto in doppia azione. Ed ecco quindi che anche l’impossibilità di ribattere il colpo, in caso di mancata accensione, assume una rilevanza alquanto marginale.
Economicità, precisione, leggerezza, rapidità, e un volume di fuoco tra i più alti della categoria, fecero si che la pistola di plastica un po’ alla volta si guadagnasse consensi e fiducia tra gli addetti ai lavori. Dopo l’Austria, la pistola venne adottata anche dalla Norvegia e dalla Svezia, seguirono numerosissimi corpi di polizia in tutto il mondo. Conquistò anche gli americani, che in fatto di armi sono sempre stati molto nazionalisti. Oggi la Glock occupa il 65% del mercato del law-enforcement statunitense. C’è del bello nelle linee estremamente semplici e lineari della Glock, e la sua costruzione è assolutamente accurata sebbene si tratti di un prodotto economico di larga serie altamente industrializzato. Così la pistola di plastica conquistò in breve tempo anche i tiratori sportivi e i semplici appassionati di tutto il mondo.

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Glock 43, la nuova versione sub-compact del modello 17
Tutta la parte superiore della pistola, che comprende carrello e canna, è un piccolo capolavoro di ingegneria armiera austriaca. L’accoppiamento tra canna e carrello è esemplare, cosi come sono ineccepibili le lavorazioni delle superfici, assolutamente levigate, prive di asperità e segni di utensile. Al contrario di numerose altre pistole, le Glock non richiedono alcun intervento di lucidatura dei punti critici di funzionamento. Tutta la parte inferiore, fusto, telaio in acciaio, guidamolla e pacchetto di scatto, è invece fatto in plastica e lamiera ripiegata. Non c’è alcuna meccanica di precisione qui. Ogni singolo pezzo è progettato per assolvere a più funzioni, e questo, assieme al largo uso di plastica e lamiera, abbatte notevolmente i costi di produzione. Nessun pezzo di ricambio necessita l’adattamento da parte di un armaiolo, chiunque sarebbe in grado di smontare completamente l’arma per la sua manutenzione e per la sostituzione di parti usurate. Questo la rende un’arma particolarmente economica anche per quanto riguarda i costi di gestione, caratteristica forse poco rilevante per il singolo privato, ma non trascurabile per eserciti e corpi di polizia che devono mantenere in perfetta efficienza un grande numero di pistole.
La Glock ha rappresentato un archetipo di pistola al quale praticamente tutti i produttori di armi del mondo si sono dovuti adeguare, proponendo modelli che ne ricalcano il funzionamento, i materiali e spesso anche le forme estetiche. Il fatto che molte di queste pistole non abbiano retto alla prova del tempo è un indice piuttosto significativo di quanto sia difficile arrivare a competere con la qualità delle pistole Glock. Buona parte del suo enorme successo fu dovuto più che altro al fatto che l’arma progettata per essere più economica di qualunque altra era anche quella costruita meglio di qualunque altra.
Le precedenti generazioni
La prima Glock aveva il fusto privo degli attuali incavi per le dita, e il disegno grippante a “buccia di arancia” si estendeva senza soluzione di continuità sia davanti che dietro l’impugnatura. Inoltre il dust-cover era liscio, privo di attacco e di targhetta metallica con sopra inciso il numero di serie. Il caricatore era realizzato completamente in plastica.

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La prima Glock 17 commercializzata tra il 1983 e il 1988
Nel 1988 avvennero i primi cambiamenti che informalmente vennero definiti come seconda generazione. Aumentò il diametro esterno della canna, e i caricatori vennero rinforzati da un’armatura interna in lamiera di acciaio. Venne modificata l’estetica e la funzionalità dell’impugnatura. Il disegno grippante a “buccia di arancia” rimase lo stesso, ma venne limitato ai soli pannelli laterali che assunsero un contorno ben delineato. Sul front e back-strap vennero realizzate zigrinature quadrettate che miglioravano la presa. Lo stesso motivo quadrettato era riportato sul rest squadrato della guardia del grilletto.

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Il secondo step evolutivo della Glock rimase in commercio 10 anni: dal 1988 al 1998
Successivamente, per rispettare le nuove norme americane imposte dal BATFE (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives), venne introdotta la piastrina metallica con inciso il numero di matricola annegata nel polimero del fusto. Nel 1991 venne introdotta la molla di recupero prigioniera dell’asta guida molla. Nel 1998 fu la volta di un ulteriore ammodernamento della pistola che venne identificato, sempre informalmente, come terza generazione. Sul dust-cover venne integrato un attacco (Universal Glock Rail) per accessori quali puntatori laser o torce tattiche. Su entrambi i lati dell’impugnatura vennero praticati degli incavi anatomici per il corretto posizionamento del pollice, e comparvero gli incavi per le dita sul front-strap.

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La terza generazione di Glock fu anche la più longeva; iniziò ad essere prodotta a partire dal 1998 ed è ancora oggi disponibile sul mercato

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La piastrina metallica affogata nel fusto che riporta il numero di matricola fu introdotta per volere del BATFE l’ufficio del tabacco, alcool, armi ed esplosivi americano
In seguito, venne introdotto un ulteriore perno passante per rinforzare il montaggio del blocchetto di chiusura, soluzione meccanica tutt’ora in uso. Fu inoltre modificato l’estrattore mediante l’aggiunta di un piccolo spessore rettangolare che funzionava da avvisatore tattile di colpo in canna.

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L’estrattore conformato in modo da funzionare come avvisatore tattile di colpo in canna. Se è presente un colpo in canna il piccolo spessore rettangolare fuoriesce dal profilo del carrello ed è avvertibile passandoci sopra le dita
Vanno citati un paio di varianti intermedie di recente introduzione che ebbero scarso successo. Le versioni MB e SF (2007) avevano un caricatore ambidestro, ma il funzionamento del pulsante di sgancio risultò problematico. La Glock RTF2 (2009) aveva un fusto con disegno grippante a cuspidi, molto simili a quelle della successiva e definitiva Gen4, ma più sottili, ravvicinate ed appuntite, tanto da creare seri problemi di abrasione delle mani quando impugnata senza guanti. Gli elementi grippanti erano presenti anche sugli incavi per i pollici e su back e front-strap. Si distingueva anche per la differente grafica degli intagli di presa sul carrello che erano a forma di arco. Viene definita spesso come generazione 3,5.
La quarta generazione
Al momento in cui scrivo oltre alla Glock 17 Gen4, in Italia sono commercializzati altri 5 modelli della 17. Quella denominata semplicemente Glock 17, è la Gen3 attualmente ancora in produzione. In realtà non si tratta della “vecchia” Gen3, ma di una versione ibrida, in quanto le lavorazioni del carrello sono le stesse della nuova Gen4, ad esclusione ovviamente della parte che deve ospitare la molla di recupero vecchia. La Glock 17 è disponibile anche in versione con il fusto verde oliva: Glock 17 olive drab. La Glock 17C, la versione con canna compensata (e carrello fresato), è oggi disponibile solo in configurazione Gen4. Tutti questi modelli sono classificati armi comuni. Recentemente si sono aggiunti altri due modelli classificati in Italia come sportivi. La Glock 17 Gen4 MOS (Modular Optics System), è caratterizzata da un attacco rapido per l’installazione di puntatori ottici olografici, ricavato nella parte posteriore del carrello, subito davanti alla tacca di mira. Quando non utilizzato è possibile coprire l’attacco con una apposita cover rimovibile, che riporta l’estetica del carrello all’aspetto originale. La Glock Gen4 FTO, che è caratterizzata da una canna sporgente dal profilo del carrello e filettata, adatta al montaggio di compensatori e dove è permesso silenziatori. Da noi è classificata sportiva, ma sembra evidente che questa versione, o perlomeno una simile, verrà utilizzata dalla Glock per partecipare al concorso per l’adozione della nuova ordinanza da fianco dell’esercito americano, le cui specifiche prevedono appunto la possibilità di montaggio di silenziatori.

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La Glock 17 Gen4 viene venduta all’interno di una comoda valigetta in polimero con interno imbottito. Assieme alla pistola è presente il pacchetto con i dorsalini, beavertail e perno di montaggio, i libretti di istruzioni multilingue, un caricatore di riserva con il carichino, bacchetta e scovolo di pulizia.
La nuova generazione di pistole Glock introduce forse per la prima volta delle vere innovazioni strutturali rispetto alla produzione precedente, tanto che l’appellativo Gen4 è stato riconosciuto dalla casa e viene riportato sul carrello subito dopo il numero del modello. L’impianto meccanico non viene modificato più di tanto, ma parte della nuova componentistica non è più compatibile con quella vecchia. La modifica che immediatamente salta all’occhio riguarda l’impugnatura. Per prima cosa è cambiata la texture degli elementi grippanti adesso denominata RTF3. Sui pannelli laterali le striature irregolari lasciano posto a file regolari di cuspidi, denominate Polymids, di forma piramidale molto simile a quelle della versione RTF2, anche se decisamente meno appuntite. Rimangono inalterati gli incavi per l’appoggio del pollice su entrambi i lati e la piccola mensola a protezione della leva dello slide-stop. Il front-strap mantiene i tre incavi di appoggio per le dita, ma perde la grip con finitura quadrettata, a favore di tre file di cuspidi per ogni dito. La parte anteriore della guardia diventa rigata. Ma la modifica sostanziale riguarda la parte posteriore, con l’adozione del sistema MBS (Modular Back Strap). Probabilmente siamo ancora lontani dal concetto di modularità che ha in mente l’esercito USA per la sostituzione della Beretta M9, ma è innegabile che oggi anche le Glock hanno un’impugnatura personalizzabile.

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La nuova texture grippante RTF3 ha migliorato la presa della mano
L’impugnatura “di serie” della Glock, nella zona dell’elsa, è stata ridotta come larghezza di 2 millimetri. Di conseguenza anche la distanza del dito dal grilletto (trigger reach) risulta diminuita di due millimetri. La diminuzione di spessore sembra riguardare la sola zona dell’elsa, mentre la base ha mantenuto le precedenti quote. Per forza di cose è cambiata anche la curvatura posteriore del calcio, più bombata in basso e più scavata in alto. La nuova piegatura riempie meglio la mano risultando anche più comoda.
All’impugnatura nuda, che può essere considerata di taglia “S”, possono essere sovrapposti 2 dorsalini, contraddistinti dalle lettere “M” e “L”, che aumentano la profondità del calcio rispettivamente di 2 e 4 millimetri. Va da se che utilizzando il dorsalino di taglia “M” si ottiene un trigger reach della stessa identica misura dei precedenti modelli, mentre chi ha mani grandi potrà sicuramente avvantaggiarsi con il montaggio del dorsalino “L” di maggiori dimensioni. I dorsalini supplementari si incastrano all’interno delle relative guide nella parte posteriore del calcio. Per bloccarli è necessario sfilare il perno passante di tenuta del blocchetto di scatto, e sostituirlo con quello più lungo fornito assieme al pacchetto dei dorsalini di ricambio. Per sfilare la spina di fissaggio si utilizza la punta del pacchetto in plastica ad incastro che trattiene i dorsalini all’interno della valigetta.

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Il sistema MBS di dorsalini intercambiabili si innesta facilmente per mezzo del piccolo attrezzo in dotazione. Occorre sostituire la spina posteriore con quella di lunghezza maggiore presente nella confezione.
Gli ultimissimi modelli di Gen4 differiscono da quelli della primissima uscita per aver introdotto un’altra coppia di dorsi sovrapponibili all’impugnatura, denominati “beavertail”. Anche questi sono in formato “M” e “L”, ed estendono lo sviluppo dell’elsa, in modo da proteggere il dorso della mano dal rinculo dell’arma in caso si utilizzi una presa molto alta. Il termine beavertail non è certo inedito; sicuramente conosciutissimo dagli estimatori delle pistole tipo 1911, consiste in quest’arma, in una sicura dorsale maggiorata che estende l’elsa della pistola in modo da proteggere il dorso della mano dal cosiddetto “morso del cane”.
Chi ha sparato con una 1911-A1 di tipo militare o con un Government vecchio tipo, sa quanto possa essere doloroso, soprattutto utilizzando cartucce a piena carica. Qualcuno potrebbe obbiettare che nella Glock, essendo la pistola priva di cane, l’elsa maggiorata è del tutto inutile. In questo caso è il carrello, che scorrendo così vicino alla presa della mano, potrebbe provocare delle ferite, soprattutto nei soggetti che hanno mani grandi. Motivo per cui molti tiratori sportivi sentivano la necessità di montare un’elsa maggiorata aftermarket. La Glock ha così deciso di integrarla di serie, anche per motivi regolamentari.
Al contrario degli accessori aftermarket introdotti sul mercato da altre aziende, i dorsalini della Glock possono essere utilizzati nelle categorie che richiedono l’utilizzo di armi rigorosamente di serie, come ad esempio la “Production” nel tiro dinamico sportivo. Sulla sommità dell’elsa di serie della Glock è apparso un piccolo scalino che ha la funzione di incastro per i beavertail. E’ poco visibile, e non da fastidio, ma era assente sulle primissime versioni delle Glock 17 Gen4. Immagino quindi che sulla prima versione della 17 Gen4 le beavertail possano comunque essere montate, ma che non rimangano ben aderenti al corpo dell’impugnatura.
Sempre parlando di impugnatura, è sparita la svasatura a semicerchio anteriore dell’imbocco del caricatore, mentre è rimasta quella posteriore. Queste svasature consentivano una presa salda del fondello del caricatore in modo da favorirne l’estrazione nell’improbabile caso in cui questo fosse rimasto incastrato all’interno dell’arma.

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L’imbocco del caricatore alla base del Front Strap nelle nuove Gen4 è diritto. Nelle precedenti formava un’apertura a semicerchio, del tutto simile a quella posteriore visibile nella foto.
Modificato anche il pulsante di sgancio del caricatore che adesso diventa reversibile. Non ambidestro, ma reversibile, ovvero il comando può essere rimosso e montato al contrario. Il pulsante è diventato più lungo ed è più facilmente raggiungibile dal pollice, anche se per azionarlo è ancora necessario modificare leggermente la presa. Si legge da molte parti che la maggiorazione si è resa necessaria per via dell’adozione dei dorsalini che allungano l’impugnatura e allontano il pulsante dal pollice, ma si tratta di semplici supposizioni basate sulla fantasia, in quanto in una pistola da difesa, più lo sgancio è piccolo e lontano dal pollice e meglio è. Sembra lapalissiano che per essere reversibile il comando debba essere anche simmetrico, e siccome non si poteva ridurre l’impronta a destra per non comprometterne il funzionamento e la retro compatibilità, doveva necessariamente essere ingrandita la parte a sinistra, ovvero il pulsante propriamente detto.

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La maggiore dimensione del pulsante del caricatore è dovuta alla reversibilità e alla retro compatibilità.
Per la reversibilità il caricatore presenta una tacca addizionale sul lato sinistro, ed anche una tacca centrale per mantenere la compatibilità con le versioni della pistola a sgancio ambidestro. Se si mantiene il pulsante di sgancio sul lato sinistro della pistola, tutti i caricatori Glock precedenti sono compatibili con la Gen4. Se al contrario si inverte il comando, la pistola accetterà solo i caricatori del nuovo tipo. I nuovi caricatori sono compatibili con tutte le precedenti versioni della pistola.
Migliora il controllo e cambia il mirino
Altra novità evidente della Gen4 è rappresentata dalla molla di recupero che diventa telescopica. La nuova Dual-Recoil-spring è formata da due molle imprigionate all’interno di un telaio in lamiera. L’adozione di questa molla mitiga notevolmente il contraccolpo dovuto al rinculo, limita l’usura del fusto sintetico, migliora il controllo, e rende lo sparo più piacevole e corposo. Nonostante i problemi iniziali, si tratta forse dell’innovazione più apprezzabile della quarta generazione. Non sono pochi quelli che decidono di sostituirla immediatamente con una del vecchio tipo. Anche in questo caso sarebbe preferibile documentarsi prima di prendere decisioni affrettate. La diffidenza nei confronti del nuovo tipo di molla non ha più ragione di esistere. Già da tempo la Glock ha risolto i problemi avuti con le prime pistole distribuite che montavano molle dimensionate per il calibro .40S&W. La nuova molla di recupero della Glock è simile concettualmente a numerosi accessori aftermarket, conosciuti con il nome di “ammortizzatori di rinculo”, disponibili per molte altre pistole a prezzi tutt’altro che popolari, e funziona molto bene. Sarebbe un peccato disfarsene a causa di qualche pettegolezzo.

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La nuova molla telescopica Glock all’inizio ha dato alcuni problemi di affidabilità sul modello 17. Ora il suo funzionamento è ineccepibile, non sostituitela solo perché ve lo ha detto un amico, mi raccomando.
Il mirino ha adesso un differente profilo, ed è fissato al carrello attraverso una vite a testa esagonale. Il nuovo mirino è più lungo, proprio per poter ospitare il modificato sistema di fissaggio, ed è più sottile. Le Glock sono messe in vendita equipaggiate indifferentemente con la tacca di mira fissa o con la tacca di mira regolabile. In Italia in genere è commercializzata con la tacca di mira regolabile, ma esiste anche la versione che monta di serie la tacca di mira fissa. Entrambe le versioni della tacca di mira sono in polimero, così come il mirino, e sono rimaste le stesse delle precedenti generazioni.

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Diverso il mirino, più lungo, a causa del differente sistema di bloccaggio, e più sottile. Resta la stessa la tacca di mira, così come i riferimenti colorati in bianco.
Tenifer e nuove superfici più lisce
Differente anche il trattamento superficiale delle Gen4, che nelle vecchie Glock era nero scuro con una finitura piuttosto ruvida, simile ad una parkerizzazione. Le superfici delle nuove Glock Gen4 sono più levigate e di un colore più chiaro. Personalmente preferivo le vecchie finiture, perlomeno a livello estetico. Nelle ultime Glock lo strato nero sembra intimamente legato al metallo, tanto che eventuali graffi e piccoli urti al carrello, spariscono da soli con il tempo o dopo un’energica pulizia.
Non bisogna confondere, come fanno molti, la finitura superficiale con il trattamento superficiale indurente del metallo chiamato Tenifer. Canna e carrello delle Glock sono da sempre trattati con un procedimento di nitrocarburazione ferritica, che genera una spessa ed omogenea superficie con eccezionali caratteristiche di durezza, antigrippaggio, resistenza a fatica, corrosione e ossidazione. Successivamente a questo procedimento, che è incolore o quasi, si applica la finitura nera. Lo strato ottenuto con la nitrocarburazione, ha una resistenza all’ossidazione anche maggiore di quella dell’acciaio inossidabile, e non è facilmente asportabile. Per cui la superficie dell’acciaio rimane protetta anche nel caso in cui la finitura superficiale nera venisse rimossa per usura. Sono escluse dal procedimento tutte le altre parti metalliche, sia a vista che interne.
Sulle nuove Glock (Gen4, ma anche Gen3 di nuova produzione) viene utilizzato un procedimento leggermente diverso rispetto a quello delle prime generazioni. La finitura nera è ottenuta mediante un processo di ossidazione controllata direttamente durante le ultime fasi del trattamento indurente di nitrocarburazione, e risulta quindi maggiormente legata alla superficie dell’acciaio rispetto alla precedente, oltre che differente come aspetto.

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Le nuove superfici di canna e carrello sono più lisce, e il colore adesso è grigio scuro, non più nero.
Glock 17 Gen4: iniziali problemi di affidabilità
Il debutto della Glock 17 Gen4 non è stato dei migliori. La pistola, in calibro 9mm ha sofferto di alcuni problemi di affidabilità, del tutto sconosciuti alle precedenti generazioni. Tengo a precisare che i problemi sono stati del tutto superati dalla casa madre, e che oggi le Glock 17 Gen4 sono affidabili al 100%, come del resto tutti gli altri modelli Glock. I problemi iniziali nascono dal fatto che la Glock, durante questo restyling ha lavorato molto per cercare di ammortizzare le reazioni del pestifero calibro .40S&W che più di una volta in passato era riuscito a mettere alla corda il telaio in polimero della pistola. Non è certo un segreto che la Glock, ricercando la massima industrializzazione delle sua produzione, utilizza gli stessi telai, gli stessi pezzi e le stesse lavorazioni, dove possibile, sia per il calibro 9 (9×19 e 9×21) che per il .40S&W. Così le uniche differenze tra la Glock 17 e 22, sono la canna, le lavorazioni della culatta, e l’estrattore. Tutto il resto è identico, molla di recupero compresa. La stessa cosa vale per le altre “coppie” di pistole Glock di identiche dimensioni, come le sub-compatte 26 e 27, le compatte 19 e 23, e le sportive 34 e 35.
Ora, se l’adozione di una molla di recupero più morbida per il .40S&W può dare luogo ad inconvenienti di durata sul lungo periodo, una molla troppo dura può dare seri problemi di affidabilità immediata sul 9mm, in quanto non permette il corretto completamento del ciclo di riarmo. Per cui le prime 17 Gen4 distribuite soffrivano di problemi di espulsione, che si manifestavano in numerosi inceppamenti di tipo stove-pipe, a volte anche con cartucce commerciali. Inutile dire che la Glock è corsa immediatamente ai ripari, adottando una nuova molla più morbida, e più adatta alle energie ridotte del 9mm, che ha distribuito a titolo gratuito ai proprietari delle prime pistole.

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Confronto tra le molle di recupero di Gen4 (sx) e Gen3 (dx).
I problemi non sono però stati risolti completamente anche dopo l’adozione della nuova molla. L’espulsione del bossolo nelle 17 Gen4 risultava comunque più soft rispetto a quella della precedente generazione, continuando a causare problemi di stove-pipe, specialmente con cartucce ricaricate. Numerosi forum di quel tempo testimoniano lo scoramento di alcuni dei primi possessori di Glock 17 Gen4. Ancora oggi numerose persone sono convinte che le Glock di quarta generazione non funzionino al meglio con la molla telescopica di serie, e che occorra immediatamente sostituirla con la molla di tipo più classico. Ovviamente nulla di tutto ciò è vero, si tratta di problemi ormai completamente superati.
Il funzionamento a corto rinculo di canna della Glock è veramente “cortissimo”. In totale, canna e carrello indietreggiano assieme per circa 3 millimetri, praticamente la metà rispetto ad una pistola con sistema di chiusura Browning tradizionale. Probabilmente a causa di questa apertura anticipata, l’estrazione del bossolo scarico nelle Glock è sempre stata un po’ traumatica. Mi è capitato spesso in passato di ritrovare al poligono bossoli di primo sparo espulsi da una Glock, con la bocca pesantemente ammaccata. Al contrario le nuove pistole sono molto più dolci nell’espulsione del bossolo.
Anche se all’apparenza nulla sembrava cambiato, molla di recupero a parte, in realtà alcune quote interne nella nuova pistola sono state modificate leggermente, proprio per ottenere un funzionamento più soft della versione in calibro maggiore. Ovviamente, per uniformità di produzione, queste modifiche sono state riportate tali e quali anche sulle 9mm. L’espulsione del bossolo risultava ancora troppo debole, e anche dopo l’aggiornamento della molla di recupero i problemi di inceppamento, sebbene limitati alle cartucce ricaricate, rimasero, penalizzando soprattutto i tiratori sportivi. Oltretutto la stessa problematica interessò anche la Gen3 di nuova produzione, utilizzando anch’essa i carrelli prodotti con le nuove quote. Ancora una volta la Glock dovette trovare una soluzione che si concretizzò nell’adozione di un espulsore con piega e dimensioni leggermente differenti. Insomma, il debutto della Gen4 non fu dei più rosei, ma questo accadeva qualche anno fa, adesso a 6 anni di distanza, la 17 Gen4 possiede l’eccezionale affidabilità che ha reso famose tutte le pistole Glock.

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Il nuovo espulsore più corto e con una differente angolazione risolse definitivamente i problemi di affidabilità della neonata Glock 17 Gen4.
I bossoli di risulta
Qualche parola sui bossoli di risulta, visto che si parla di espulsione. Il motivo per cui il percussore lascia sull’innesco appena sparato la caratteristica forma “a goccia” è dovuto all’abbassamento repentino della culatta, che avviene quando ancora il percussore è a contatto con l’innesco. L’altrettanto tradizionale “riquadro” rettangolare che circonda l’impronta a goccia è invece dovuto alla forma rettangolare del foro di egresso del percussore. A causa della pressione interna al bossolo, al momento dello sparo, l’innesco viene fatto aderire con forza alla culatta, e la forma del foro di egresso del percussore rimane indelebilmente stampata in rilievo su di esso. E questa è la ragione per cui i bossoli sparati da una Glock sono immediatamente riconoscibili.

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I bossoli di risulta sono immediatamente riconoscibili dall’impronta rettangolare lasciata sull’innesco.

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I bossoli sono privi di deformazioni evidenti e hanno segni di affumicatura minimi. Rientrano in camera senza problemi.
Ho già parlato del fatto che i bossoli che escono dalle nuove Gen4 sembrano esenti da ammaccature e deformazioni evidenti che qualche volta affliggevano le prime versioni. Tutti i bossoli espulsi rientrano in camera perfettamente e hanno un eccellente aspetto. Tuttavia sono presenti, visibili anche a occhio nudo, delle piccole striature laterali orizzontali, circa 5 mm sotto la bocca del bossolo. Osservando con attenzione un bossolo di risulta, e misurandone l’altezza con un calibro lungo tutta la sua circonferenza, è possibile rendersi conto di come la bocca sia leggermente inclinata da un lato. Si tratta di una curiosità e niente più, non credo che questa deformazione possa avere ripercussioni sulle successive ricariche, ma è come se il bossolo venisse piegato nel momento in cui esce dalla camera. Che sia dovuto al fatto che il bossolo del 9×21 è leggermente più lungo del 9×19 ?

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Misurando la bocca di bossoli di risulta ho notato una certa deformazione. Il disegno a lato è stato esagerato per meglio descrivere il fenomeno.
Lo scatto
Le parti che compongono lo scatto di una Glock sono essenzialmente quattro: il grilletto a due lame, una lunga leva di trazione in lamiera ripiegata, il connettore e il percussore (vedi figura a seguire). Entrambe le molle principali che compongono lo scatto hanno un funzionamento invertito rispetto alle corrispondenti molle di uno scatto di un’arma tradizionale. Così la molla del percussore anziché tenere lontano il percussore dall’innesco della cartuccia, lo carica e lo spinge verso di esso, mentre la molla del grilletto anziché spingere il grilletto in avanti per farlo ritornare in posizione avanzata, lo spinge tutto all’indietro verso il fine corsa. Per questo motivo, scattando in bianco, il grilletto della Glock collassa completamente all’indietro appoggiandosi al fusto, anziché tornare indietro come farebbe il grilletto di una tipica pistola semiautomatica.
Se confrontato con quello di pistole più tradizionali, lo scatto della Glock funziona quindi in maniera piuttosto singolare. Nel dettaglio, a scatto armato, la leva di trazione del grilletto agisce direttamente sul piede del percussore, che è in posizione quasi completamente avanzata, ma leggermente caricato. Premendo il grilletto, il percussore arretra e si carica. Ad un certo punto della trazione il connettore costringe la leva di trazione ad abbassarsi e a svincolare il piede del percussore, provocando lo sgancio e il conseguente sparo. Il connettore è responsabile dello sgancio e può essere sostituito con ricambi originali messi a disposizione dalla stessa Glock, o con prodotti aftermarket, al fine di variare il peso e le caratteristiche stesse dello scatto.
Dopo lo sgancio del percussore e l’innesco della cartuccia, il carrello viene spinto all’indietro. Come il carrello indietreggia, una fresatura su di esso agisce sulla testa del connettore spostandolo di lato. Questo movimento libera la leva di trazione del grilletto, la quale, caricata dalla molla del grilletto, si solleva. Quando il carrello torna in batteria, il piede del percussore viene riagganciato dalla leva di trazione, e rimane completamente armato. A questo punto, togliendo la pressione del dito sul grilletto, la molla del percussore fa ritornare il grilletto in posizione di sparo, contemporaneamente riattiva il blocco automatico al percussore e scarica quasi completamente la molla dello stesso.

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In alto a sx – la catena di scatto Glock e le sue tre sicure: sicura al grilletto (1), sicura al percussore (2), sicura anti-caduta (3)
In basso a sx – Le parti colorate rappresentano le interazioni che avvengono durante lo scatto. La leva del grilletto (26 verde), durante il movimento preme sul pistoncino della sicura automatica al percussore (9) e spinge all’indietro il piede del percussore (5) armandolo. Passando sotto il connettore (24 Rosso), la leva del grilletto viene forzata ad abbassarsi e a sganciare il percussore. Durante il rinculo una apposita pista sagomata del carrello (1) spinge di lato la testa del connettore, liberando la leva di scatto che si connette di nuovo al dente del percussore non appena il carrello torna in posizione di riposo.
In basso e alto a dx – schematizzazione e componenti reali della catena di scatto: grilletto e barra di trazione (26), molla della barra, connettore (24) e telaio plastico di montaggio con integrato l’espulsore.
Sulla Gen4, al fine di contenere la dimensione dell’impugnatura, il telaio del pacchetto di scatto è stato modificato e ridotto in lunghezza rispetto a quello delle pistole di terza generazione. Questo ha comportato una differente inclinazione del connettore, che in ogni caso è rimasto lo stesso montato sulle pistole precedenti. La diversa inclinazione del connettore ha determinato un certo allungamento della corsa attiva con conseguente aumento del peso di scatto. Nel mio esemplare il peso di sgancio, con pistola nuova, è stato misurato in circa 3,3 Kg, e si è ridotto a circa 2,8 Kg montando il connettore alleggerito. Entrambe le misure sono in linea con quanto riportato sulla migliore stampa specializzata italiana. La “peggiore” stampa italiana non si è accorta di nulla, o più probabilmente continua ad essere allineata a quanto dichiarato dalla Glock, che ufficialmente non ha mai reso pubblico un aumento del peso di scatto delle sue pistole. Dopo un certo rodaggio, il peso di scatto è diminuito di circa 150 grammi, stabilizzandosi tra i 3,1 e i 3,2 Kg con il connettore standard, e tra i 2,6 e i 2,7 Kg con il connettore alleggerito. Probabilmente si ridurrà ancora un po’ con l’uso. La corsa del grilletto, inizialmente ruvida e piena di sbavature, è diventata decisamente più fluida e priva di incertezze. Sono in ogni caso immediatamente riconoscibili i tre stadi distinti della corsa di scatto. Il primo stadio termina con l’ingaggio della sicura al percussore, il secondo stadio termina con l’ingaggio del connettore, e quindi il terzo stadio porta allo sgancio.
Si legge su molte riviste del settore che lo scatto Glock è virtualmente privo di collasso al retroscatto, ma sinceramente non vedo come questo possa essere vero. Sparando a vuoto non si può fare a meno di notare che immediatamente dopo lo sgancio il grilletto rimane nella posizione tutta arretrata, attaccato al fusto, invece che tornare indietro come nelle altre pistole. L’esatta definizione del termine “collasso”, è “cedimento improvviso”, definizione che si adatta alla perfezione al grilletto delle Glock, che subito dopo lo sgancio letteralmente sparisce da sotto al dito. Con il connettore standard la corsa passiva del grilletto subito dopo lo sgancio è veramente minima, per cui il collasso al retroscatto effettivamente è quasi inavvertibile o comunque facilmente gestibile con un poco di allenamento. Sostituendo il connettore con quello alleggerito però, il collasso al retroscatto inizia a diventare fastidioso. Inoltre, per ridurre il peso di sgancio si agisce semplicemente sulla corsa attiva del grilletto, anticipando il punto di scatto. Se lo scatto avviene prima, il percussore verrà caricato meno, riducendo quindi anche la forza dell’impatto contro l’innesco della cartuccia.
Alla fine delle prove ho preferito mantenere il connettore di serie per via del minore collasso al retroscatto. La riduzione di peso di circa 500 grammi del connettore alleggerito quasi non si nota, e scattando in bianco ho notato immediatamente che dopo lo sgancio la pistola rimane più ferma. La differenza al poligono, in termini di dimensione di rosata, è stata molto evidente nel tiro rapido e nel tiro con una sola mano. Nel tiro lento mirato la differenza è stata minore, ma comunque sempre avvertibile. A mio avviso la sostituzione del connettore nella Gen4 non porta a grossi benefici, anzi probabilmente è controproducente. Mi piacerebbe provare a montare uno speciale connettore (Ghost Rocket) che oltre a ridurre il peso di sgancio elimina completamente il collasso al retroscatto.
La canna
Costruita in unico pezzo e ottenuta per rotomartellatura a freddo, la canna della Glock ha una rigatura con un particolare profilo semipoligonale. La Glock definisce la sua rigatura “poligonale”, ma nella realtà il profilo appare formato da sei archi di cerchio (i vuoti di rigatura), intervallati da sei segmenti retti (i pieni della rigatura). Il che significa appunto che la rigatura è semipoligonale. I principi di rigatura sono quindi 6 e l’andamento è destrorso. La particolare rigatura permette di spuntare qualche m/s in più di velocità del proiettile rispetto ad una rigatura tradizionale, in quanto permette una migliore tenuta dei gas, e riduce gli attriti. E’ anche più facile da mantenere pulita da residui e incrostazioni. Ogive in piombo potrebbero scavalcare la rigatura, per cui è preferibile utilizzare sempre palle di qualità con elevata durezza. Ovviamente non ci sono problemi se si utilizzano palle ramate o blindate. Anche la canna è trattata con il processo di nitrocarburazione, il che ne aumenta la durata e riduce ulteriormente gli attriti interni allo scorrimento del proiettile.

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La rigatura della canna è semipoligonale a 6 principi destrorsi.
Prova a fuoco
La pistola oggetto di questa prova ha di serie la tacca di mira fissa in polimero. Premetto che non si è trattato di una mia scelta, ma di una pura casualità; quella avevano in armeria, e quella ho preso. La tacca di mira fissa dovrebbe avere il vantaggio teorico di mantenere più a lungo la taratura. Di contro la tacca fissa si può spostare in sola deriva (occorre muoverla delicatamente con una mazzetta in plastica, oppure utilizzare l’apposito attrezzo), e in caso fosse necessario regolare l’alzo nulla si potrebbe fare se non sostituirla con quella regolabile o con un’altra fissa di differente altezza. Per fortuna la rosata risulta ben centrata sul punto mirato, per cui non ci sono stati problemi.
Al momento in cui scrivo ho sparato un totale di 600 colpi con la mia Glock 17 Gen4. Ho preparato ricariche normali, più potenti e più leggere, con ogive a testa arrotondata e tronco coniche. Ho sparato le ricariche più deboli tenendo la pistola con una sola mano e impugnandola in maniera blanda e rilassata, al fine di mettere in crisi il ciclo di ricarica della pistola. La Glock ha alimentato senza problemi tutto. Le ricariche depotenziate oltre a fare ciclare regolarmente l’arma si sono dimostrate anche molto precise. Insomma ho cercato di mettere il più possibile in difficoltà il ciclo di riarmo della pistola ma questa ha funzionato con la massima precisione e affidabilità.
Ho provato i differenti tipi di inserti sull’impugnatura. Ho scartato le beavertail dopo una breve prova; non ne ho bisogno, esteticamente non mi piacciono e peggiorano leggermente il controllo del rilevamento. Va infatti notato come la beavertail, indifferentemente dalla misura, abbia uno spessore della zona dell’elsa di 2 millimetri, per cui una volta montata, l’elsa della pistola si abbassa rispetto all’asse della canna, e di conseguenza anche la presa risulta più bassa. Per cui se non avete problemi a gestire il rinculo dell’arma, è preferibile utilizzare uno dei due dorsalini, i quali non modificano in alcun modo l’altezza dell’elsa.

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Una rosata da 10 colpi ottenuta sparando a due mani da 15 metri.
Stranamente, con l’impugnatura di serie, non ho avuto grossi problemi con la presa “alta” della pistola, con i pollici rivolti in alto e avanti. Nelle mie precedenti esperienze con le Glock Gen3 il pollice andava sempre a cascare sulla leva dello slide-stop e questo mi creava problemi durante il fuoco. Il carrello non rimaneva aperto dopo l’ultimo colpo o peggio, rimaneva aperto con il caricatore non ancora svuotato. Con la nuova impugnatura, la leva dello slide-stop è ancora un po’ troppo a portata di pollice, ma per qualche ragione non si attiva per errore durante il tiro. Merito forse della nuova piega posteriore del calcio, o forse del migliorato grip che aiuta a tenere più ferma la presa sulla pistola durante il rinculo. Detto questo, continuo a preferire la presa classica, con il pollice appoggiato lungo l’apposito incavo del fusto, soprattutto nel tiro lento mirato.
Ho trovato la pistola piacevole, precisa e facile da utilizzare. Lo scatto della Glock non è mai stato un problema per me, anzi a dire il vero lo preferisco ad uno scatto normale in singola azione perché, essendo meno netto, favorisce una pressione costante. Poi ripeto, lo scatto di serie della 17 Gen4 mi piace molto di più di quello della Gen3, e in generale la precisione mi pare migliorata. Il rinculo e il rilevamento sono consistenti a causa del ridotto peso della pistola, ma probabilmente per merito del fusto in plastica e della nuova molla telescopica le reazioni sono corpose ma allo stesso tempo dolci e progressive. Benché sia abituato a pistole dal peso molto superiore (la mia Tanfoglio Limited Custom pesa 1300 grammi scarica), trovo in ogni caso che le reazioni della Glock siano allo stesso tempo sia gratificanti che gestibili, rendendo la sessione di tiro più divertente. Oltre ad essere un’eccellente pistola tattica e di servizio, la Glock si dimostra anche un’ottima scelta per il tiro informale al poligono grazie alla sua precisione e affidabilità anche con le ricariche più blande, ideali nella pratica del tiro ludico.
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