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La Bodeo 1889 e le rivoltelle degli italiani
di Antonino Lentini
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“Studiare la genesi e la storia delle armi può soddisfare qualche curiosità e passione e suscitare persino ammirazione per la genialità umana. Ma serve anche a riflettere sulle responsabilità, gli scopi e i metodi di chi le impiega”
– Gen. Fabio Mini –
“In tutte le battaglie il combattere e conquistare non è segno di suprema eccellenza. La suprema eccellenza consiste nel piegare la resistenza del nemico senza combattere”
– Sun Tzu –
Premessa introduttiva
La polvere da sparo o polvere nera fu inventata nella Cina della dinastia Song attorno all’anno mille, essa è un miscuglio a tre componenti di salnitro (KNO3), carbone e zolfo, mescolati in proporzioni variabili in funzione dell’effetto desiderato: più esplosivo o deflagrante. La polvere nera e le armi da fuoco non ebbero un progresso veloce e totalitario, tutt’altro, esse convissero a lungo con le armi nervo balistiche. Per l’affermazione delle armi da fuoco fu necessario sviluppare sistemi industriali di produzione. Per una vera artiglieria da campagna capace di seguire velocemente e integrare gli eserciti occorse aspettare Gustavo Adolfo e la guerra dei 30 Anni, nel ‘600. Ma lasciamo le artiglierie a percorrere la loro strada. Dai primitivi schioppi individuali si svilupparono l’archibugio e poi il moschetto per il fante e le pistole di vario tipo per il cavaliere.
Non potendo qui ripercorrere tutta la storia delle armi (che pure sarebbe interessante!) facciamo un salto nei secoli sino a metà ‘800 per trattare delle rivoltelle o pistole a rotazione, come esse erano chiamate nell’uso italiano, o revolver, per essere anglicizzanti.
Le rivoltelle
Come detto, le caratteristiche della polvere nera possono essere, entro certi limiti, modificate variando la sua velocità di combustione da deflagrante a quasi detonante giocando sulla composizione, la granitura, certi additivi, per spostarne l’uso da propellente nelle armi da fuoco o nei razzi a dirompente da mina o fuoco d’artificio. Una composizione molto usata per le armi da fuoco fu: 75% salnitro, 15% carbone, 10% zolfo.
Nelle armi la polvere nera ha il difetto di lasciare molti incombusti sotto forma di fecce assai sporchevoli, che intasano l’anima dell’arma sino a renderla inutilizzabile dopo non troppi colpi. Una teoria ipotizza che la rigatura della canna in origine fosse un solco dritto come espediente per raccogliere le fecce e che, solo successivamente, le fosse dato un andamento elicoidale al fine di stabilizzare la traiettoria della palla.
Le scorie di combustione sono anche il motivo per cui le armi automatiche cominciarono ad essere studiate e fabbricate solo a fine ‘800, nonostante nei secoli fossero pure stati realizzati prototipi di armi meccanicamente complessi – ora nei musei – per aumentare la potenzialità o avere più colpi a disposizione. L’implementazione di sistemi automatici fu possibile solo dopo l’apparizione delle polveri moderne, composti chimici “senza fumo” e soprattutto senza quasi incombusti ad intasare gli automatismi.
La rivoltella invece era meno soggetta a tali inconvenienti avendo per costruzione i suoi meccanismi separati dal sistema camera, tamburo e canna, dove c’è presenza di fecce. La prima pistola a rotazione di cui si ha notizia è nel Maihaugem Museum di Lillehammer Norvegia. Costruita a Norimberga nel 1597 da Hans Stopler, la pistola ha azionamento manuale ed ha operato nella Guerra dei Trenta Anni. In tale esemplare il concetto dell’arma si è già evoluto.


– Maihaugem Museum: prima pistola a rotazione –
L’inventore del vero revolver è ritenuto essere Samuel Colt. In realtà egli inventò il sistema di rotazione automatica del tamburo, le armi a tamburo esistevano da tempo (Elisha Collier; Pepperboxes; …), ma ad azione manuale. Colt perfezionò il tipo di arma, lo rese efficiente e soprattutto ebbe il genio per imporlo nel mondo con una martellante attività di propaganda, inedita per quei tempi. Colt arrivò a donare cento suoi revolver di vari modelli a Garibaldi, per farsi poi acquistare alcune migliaia di fucili dai comitati massonici che fomentavano l’abbattimento della dinastia Borbone Due Sicilie e che armarono i Mille (che non furono solo Mille, dopo i primi ne sbarcarono migliaia che non erano solo idealisti e volontari. Ma questa è un’altra storia, Viva O’Rre!). I revolver Colt accompagnarono quindi i garibaldini nell’invasione del Regno delle Due Sicilie come simbolo di grado e riconoscimento di bravura.
Lo stato dell’arte nel 1860
Lo stato dell’arte all’unità d’Italia è bene rappresentato dalle rivoltelle nelle figure a seguire ed esposte al Museo del Risorgimento di Bologna:

– Colt Navy 1851 calibro 9.5 –

– Lefaucheux 1860 calibro 11 –
– La prima è una rivoltella a luminello Colt Navy 1851 calibro 9.5, prodotta a Londra. Appartenuta all’ufficiale piemontese Angelo Borrino, portata nella risorgimentale guerra di Crimea. Si innescava con capsule caricate sui luminelli del tamburo, dopo aver girato e caricato dal davanti ogni camera con polvere e palla ed aver calcato la palla con l’apposita leva calcatoio. L’arma è ad “azione singola”, ovvero occorre alzare manualmente il cane per armarlo. Con tale azione si fa contemporaneamente girare il tamburo per un nuovo colpo.
Durante il caricamento però la rotazione del tamburo deve essere effettuata manualmente, così come per togliere le capsule esplose. Il tutto oggi appare alquanto goffo ma all’epoca e rispetto alle coeve pistole ad avancarica ad un solo colpo era moderno. Inoltre, il sistema era apprezzato in America dove nel West erano sufficienti capsule, polvere e piombo da fondere; senza dipendere da cartucce industriali.
– La seconda rivoltella è a spillo. Sistema Lefaucheux 1860 calibro 11, belga. Ad azione singola. Appartenuta al marchese Alfred de Trazègnies, volontario legittimista belga giunto nel Regno delle Due Sicilie per combattere per la causa dei Borbone con gli insorgenti poi chiamati briganti dalla storiografia ufficiale unitaria (il Risorgimento non è esattamente come ce lo hanno insegnato!). Catturato dopo gli scontri a San Giovanni Incarico fu immediatamente fucilato dagli invasori piemontesi e la sua rivoltella preda di guerra è adesso a Bologna.
L’arma è a retrocarica e usa cartucce industriali dette “a spillo”, con bossolo in rame e esplose da un perno (spillo) inserito lateralmente nel bossolo, che colpisce l’innesco interno. Esso è sporgente dal tamburo e percosso dal cane. Il caricamento delle cartucce e l’espulsione dei bossoli spenti si fa attraverso lo sportello laterale apribile perpendicolarmente e con ausilio della bacchetta, ruotando il tamburo a mano col cane in prima monta di sicurezza. Quanto di più moderno all’epoca.
Le rivoltelle italiane
Il 17 Marzo 1861 alla proclamazione del Regno d’Italia tra i tanti e gravi problemi che si presentarono ci fu anche quello della formazione e dell’armamento delle nuove forze armate “unitarie”. Per le armi corte, a sostituire le pistole a percussione, ad avancarica e a un colpo, fu adottata una soluzione aggiornata delle rivoltelle a spillo sistema Lefaucheaux, scelta comune a molti altri stati. Le prime rivoltelle, costruite in tre modelli simili, furono importate dalla stessa ditta franco/belga Lefaucheux, poi la produzione continuò con ditte italiane, come la Glisenti.
Il modello più “italiano” è quello 1861 per Carabinieri, perché costruito sulle specifiche particolari giuste per l’Arma, che richiedeva una pistola leggera da portare a lungo a piedi e maneggevole per essere pronta nelle situazioni più imprevedibili tipiche del servizio.

– Lefaucheaux 1861 per Carabinieri –
Robusta e semplice, calibro 11, è a singola azione e per caricarla/scaricarla attraverso lo sportello laterale occorreva ruotare a mano il tamburo con il cane in prima monta. Di dimensioni ridotte per la maneggevolezza mancava della bacchetta di espulsione, portata separatamente in quanto se montata sull’arma aveva tendenza a deformarsi e inceppare. Superfici con finitura in bianco, cioè non brunite.
Progredendo la tecnica, alle cartucce a spillo seguirono quelle a percussione centrale con la capsula di innesco fissata al centro del fondello del bossolo, fatto in ottone o lega ma sempre caricato a polvere nera. Soluzione di maggior robustezza, potenza e sicurezza rispetto alla precedente. Fu quindi adottata una rivoltella che fosse aggiornata ovvero la modello 1874 calibro 10.35 (figura a seguire):

– Modello 1874 –
Il calibro fu scelto eguale a quello del fucile in uso, il Vetterli-Vitali mod.1870. Il mantenere sempre lo stesso calibro pur con cartucce ovviamente diverse era una preferenza degli Stati Maggiori dell’epoca. La tecnica e l’industria del giovane regno non erano ancora autosufficienti: l’arma è di brevetto franco-belga Chamelot-Delvigne, aggiornatissima ed adottata anche da altri stati. La novità fu che la meccanica permetteva la doppia azione: si può agire sia armando il cane manualmente come prima, ma anche semplicemente premendo il grilletto, con una corsa lunga che arma il cane, ruota il tamburo fissandolo e poi rilascia il cane per lo sparo. Doppia possibilità di azione.
Il vantaggio della meccanica Chamelot-Delvigne è che essa è più semplice e robusta di altri sistemi a doppia azione anche precedenti, però complicati e giudicati delicati e inadatti ad uso militare. Il caricamento delle cartucce e lo scaricamento dei bossoli spenti si effettuava dallo sportello laterale ad apertura parallela al telaio, con l’ausilio della bacchetta solidamente fissata sotto la canna in una guida chiusa e ruotando il tamburo a mano col cane in prima monta di sicurezza. Un sistema progredito, ma ancora macchinoso.
La 1874 è un’arma bella ma pensata come pistola da arcione per cavalleria, quindi pesante e con canna lunga, tanto c’era il cavallo (ma il cavallo andava a piè!). Quindi si decise che la successiva generazione di rivoltelle doveva essere più portabile ed utilizzare tutti i miglioramenti ritrovati nel frattempo: così fu adottata la modello 1889, finalmente di progettazione e costruzione nazionali, detta la Bodeo dal nome del progettista, destinata a diventare nell’immaginario la rivoltella degli italiani.

– Bodeo 1889 per ufficiali –
Nella figura sopra è illustrato il tipo con ponticello paragrilletto, distinzione per gli ufficiali, mentre il modello da sottufficiali e truppa non l’aveva ma la leva del grilletto era incernierata e ribaltabile in avanti (foto a seguire). Senza una vera ragione, se non che all’epoca le distinzioni sociali erano forti. Del resto la Russia adottava il Nagant in doppia azione per gli ufficiali e ad azione singola per la truppa.

– Bodeo 1889 per sottufficiali –
I miglioramenti funzionali furono:
– Il dispositivo Abadie, un meccanismo che abbattendo lo sportello di caricamento svincola il cane dal grilletto, permettendo la sola rotazione del tamburo automatica al tirare il grilletto, velocizzando sensibilmente le operazioni di caricamento/scaricamento.
– Il cane rimbalzante, che cioè dopo aver colpito la cartuccia arretra e si ferma in posizione staccata dal fondello della cartuccia, ottima sicurezza in caso di botte impreviste sul cane con cartuccia carica. In tempo successivo fu aggiunta anche una sicura propria.
– La semplificazione dei meccanismi sino al non più ulteriormente migliorabile, con la catena di sparo formata da solo quattro pezzi resi multifunzione grazie all’attento studio della forma delle superfici lavoranti ed all’unico mollone a V.
– La semplicità e la rusticità che garantivano uso, pulizia e manutenzione senza attrezzi anche nei difficili ambienti prevedibili in guerra.
Non mancavano i difetti:
– Lo scatto non proprio da tiro, forse voluto per un’arma militare.
– Il telaio in ferro e non in acciaio di qualità, che costrinse a un piccolo rinforzo della faccia di bascula.
– Lo scaricamento con bacchetta portata da un sostegno incernierato alla canna e sistemata a riposo affondata nell’asse cavo del tamburo, certo non un sistema rapido a confronto dei coevi revolver ad espulsione multipla, americani a tamburo basculante o inglesi a telaio apribile.
Del resto quei paesi hanno sempre privilegiato il revolver, perfezionandolo e portandolo in servizio sino quasi ai giorni nostri. Però il sistema Bodeo era lo stato dell’arte comune a quasi tutte le rivoltelle militari europee coeve, consentendo il telaio chiuso ipotetica maggiore solidità dell’insieme, ritenuta più giusta per l’uso militare.
E la Bodeo è ben robusta: fu adottata per cartucce 10.35 d’ordinanza caricate a polvere nera, le stesse della 1874, ma presto si adattò benissimo alle nuove cariche a polvere infume, più vivaci e potenti, senza necessità di modifiche. La Bodeo anche con la nuova polvere mantenne il grosso calibro delle pallottole lente e pesanti, tipiche della polvere nera, mentre le coeve rivoltelle militari europee adottando le polveri infumi assai vivaci erano progettate per pallottole di calibro e peso molto inferiori, ma più veloci. Due scuole di pensiero su come fare più male possibile al prossimo che non hanno trovato accordo neanche oggi.
Comunque la Bodeo con i suoi pregi e i suoi difetti può vantare una lunghissima vita operativa, sino ai fronti della seconda guerra mondiale. Aiutata in questo dalla cronica scarsità di risorse economiche ed industriali che all’epoca faceva qualificare l’Italia come “la più piccola delle grandi potenze” (è cambiato qualcosa?). Dal modello base furono sviluppati per esigenze particolati altri modelli derivati, come quello per la Guardia di Finanza, o il piccolo Baston-Bodeo per le polizie locali, o il modello alleggerito degli’ anni ’20, estremo sviluppo di un tipo d’arma ormai al tramonto.
La famiglia dei modelli Bodeo è visibile nell’immagine a seguire, e non sono tutti:

– Modelli Bodeo –
Un po’ di anatomia
In figura la Bodeo con la cartella laterale tolta, semplicemente girando con il pollice la testa sagomata della vite di fissaggio; si noti semplicità e robustezza della catena di scatto, energizzata dal mollone a due bracci multifunzione:

– Anatomia Bodeo (1) –
L’accessibilità e l’intervento senza attrezzi erano caratteristiche comuni a molte rivoltelle militari coeve. Il dispositivo Abadie è indicato in rosso: una piccola barretta di pezzo con lo sportello di caricamento, aprendolo essa preme all’indietro la protuberanza a molla del cane (in blu) e la sottrae all’azione del grilletto. Col tempo fu aggiunta (per me all’eccesso!) una sicura d’uso, una barretta (in giallo) di due forme distinte a seconda della serie, che a riposo si interpone tra cane e faccia del telaio e che si auto-elimina affondando in un corrispondente scasso del cane abbattuto solo se il grilletto è volutamente tirato a fine corsa. In verde è indicato il gancio di pezzo con la cartella per pinzare il mollone quando serrato a cane armato, per poterlo sfilare senza attrezzi particolari.

– Anatomia Bodeo (2) –
Nella figura sotto l’altro lato, per apprezzare il gioco della bacchetta di espulsione (indicata in blu) e quello del tamburo una volta estratto il suo asse cavo (indicato in rosso) altrimenti fermato dal sostegno della bacchetta se i pezzi sono nella posizione di riposo.

– Anatomia Bodeo (3) –
Conclusioni
La Bodeo è la Rivoltella degli Italiani per antonomasia. Arma di una Patria che, anche se unita in Regno nel modo peggiore possibile, dopo i primi difficilissimi anni si stava avviando a una unità di popolo che sarebbe stata completata solo dai patimenti dei fronti civile e militare della prima guerra mondiale. Patimenti ampiamente ingiustificati se si considera quella guerra il suicidio dell’Europa, che vi avrebbe perso il primato mondiale che allora aveva.
Rustica e semplice, come le armi leggere italiane del periodo ma, come loro, grazie all’ingegno racchiuso nella sua costruzione, alla pari per efficienza delle coeve splendide straniere. Simbolo dell’Italietta Umbertina del 1889, che pur nelle ristrettezze di un paese ancora agricolo e arretrato si sforzava di essere alla pari con le grandi potenze industriali e coloniali europee, facendo tesoro delle virtù di ingegno tenacia e orgoglio nazionale che allora c’erano più di ora, purtroppo.
Con quasi sessanta anni di servizio attivo fu resa obsoleta nell’uso militare dall’ingresso delle pistole automatiche, in particolare l’ottima Beretta 34. Ma questo in tempi in cui ormai l’arma da fianco era resa quasi un accessorio dalle armi moderne più adatte alle nuove condizioni di combattimento, come il mitragliatore o il fucile d’assalto. Eppure credo sia rimasta nella memoria collettiva, talvolta con esiti bizzarri come la sua apparizione di fedele compagna nei fumetti del noto indagatore dell’incubo Dylan Dog, ambientati in una Londra un po’ di fantasia!

– La Bodeo nei fumetti –
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Ottimo articolo , non condivisibili le valutazioni non tecniche risorgimentali ma per il resto ben fatto e molto chiaro.